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(S-6) Osservare il Sole in una nuova luce

Buchi nella corona solare

    Le prime osservazioni del Sole dallo spazio meglio conosciute sono quelle effettuate nel 1973 dalla stazione spaziale Skylab. Lo Skylab aveva a bordo vari telescopi solari, compresa la "Montatura Telescopica Apollo" (ATM, Apollo Telescope Mount), che osservava il Sole nell'EUV (=Estremo Ultra Violetto, cioè a lunghezze d'onda più corte dell'UV, ma più lunghe di quelle dei raggi X) oltre che ad altre lunghezze d'onda più lunghe della banda dei raggi X. Poiché queste lunghezze d'onda osservano preferenzialmente la corona, la sonda era adatta ad esaminarne e sorvegliarne la struttura.

A destra: Immagine del Sole a raggi X, presa dalla sonda Yohkoh. Per ingrandire l'immagine, fare clic qui.

    Come ci si sarebbe potuto aspettare, le emissioni più brillanti da parte della corona provenivano dalla parte superiore delle regioni attive delle macchie solari. Queste zone brillanti erano separate da vaste aree scure, chiamate "buchi nella corona"; esse apparivano scure a causa della minore densità e minore dissipazione termica nella parte inferiore della corona.

    La scoperta dei buchi nella corona solare ha aiutato a risolvere quello che per lungo tempo era stato un enigma. Molto tempo prima dello Skylab, le sonde spaziali come il Mariner 2 nel 1962 avevano rivelato dei veloci flussi nel vento solare, che si propagavano non a 400 km/ora ma forse a 600 km/sec o anche di più. Questi fenomeni tendevano a ripetersi a intervalli di 27 giorni -- il periodo di rotazione delle basse latitudini del Sole -- suggerendo che, qualsiasi fosse la loro origine, essi ruotavano insieme al Sole. Anche precedentemente, verso l'inizio del secolo, erano state osservate delle serie di moderate tempeste magnetiche, le quali tendevano a ripetersi a intervalli di 27 giorni, per lo più non in corrispondenza al picco del ciclo delle macchie solari, ma invece attorno al loro minimo.

    Lo Skylab mostrò che entrambi i fenomeni erano associati non con le macchie solari ma con le aree scure dei buchi nella corona, che sembrano anche contribuire molto al vento solare. Apparentemente gli anelli delle linee del campo magnetico al di sopra delle macchie solari aiutano ad intrappolare il plasma (un po' come avviene nelle fasce di radiazione della Terra) e a trattenerlo.

    Le linee di campo dei buchi nella corona, d'altronde, sembrano estendersi molto verso l'esterno, e le loro estremità vengono trascinate dal vento solare fino all'orbita terrestre e anche molto oltre. Poiché il moto del plasma tende ad essere guidato dalle linee del campo magnetico, tali linee offrono un facile sbocco al plasma del vento solare. Al di sopra dei poli del Sole, come si è già fatto osservare, le linee di campo si irradiano quasi direttamente verso l'esterno, generando due grandi, permanenti "buchi nella corona". Come ci si aspettava, la sonda spaziale Ulisse ha trovato queste regioni piene di velocissimo vento solare, simile a quello osservato nei flussi nel vento solare.

Espulsioni di Massa dalla Corona

    L'ATM a bordo dello Skylab ha anche osservato delle enormi bolle di plasma che emergono occasionalmente (più o meno ogni 2 giorni) dal Sole. Si è immediatamente sospettato che tali bolle -- chiamate "Espulsioni di Massa dalla Corona" (EMC) -- corrispondessero al primo stadio dello sviluppo delle nubi interplanetarie di plasma, alcune delle quali provocano le tempeste magnetiche, allorché raggiungono la Terra.

    Il problema era che le EMC vengono osservate meglio quando si muovono perpendicolarmente alla linea di vista, innalzandosi al di sopra del bordo solare, e le nubi che si muovono in tal modo non arrivano sulla Terra. Alla fine del 1983, tuttavia, la sonda per lo studio della magnetosfera ISEE-3 (International Sun-Earth Explorer 3), fu inviata dalla Terra verso la cometa Giacobini-Zinner, e dopo un po' di tempo era sufficientemente lontana dalla Terra per intercettare tali EMC. Essa confermò che le loro caratteristiche erano simili a quelle delle nubi di plasma vicino alla Terra.

    In futuro la NASA progetta di effettuare tali osservazioni dalla coppia di sonde gemelle per l'osservazione del Sole della "missione stereo". Posizionate lungo l'orbita terrestre ma 60° in avanti e indietro (cioè nei punti lagrangiani L4 e L5 del sistema Terra-Sole), le apparecchiature su queste sonde saranno in grado di osservare le EMC dirette verso la Terra ed ottenere anche (a causa della loro diversa direzione di osservazione) alcune informazioni sulla loro struttura tridimensionale.

    Più recentemente il Sole è stato tenuto sotto osservazione nelle bande dell'EUV e dei raggi X dalla sonda Yohkoh, un satellite giapponese con ottime prestazioni. Le immagini così ottenute forniscono una visione chiara e dettagliata dei buchi nella corona solare, delle macchie luminose nella corona e delle EMC.

    Un altro notevole strumento di osservazione delle EMC è stata l'apparecchiatura LASCO, montata a bordo della sonda SOHO, posizionata nel punto lagrangiano L1, dalla parte del Sole, opposto alla Terra. Per alcune immagini del SOHO, ved. qui e qui. Sofisticate elaborazioni per esaltare la qualità delle immagini sui dati dell'apparecchiatura LASCO hanno permesso ai ricercatori della missione SOHO di osservare le EMC anche quando erano dirette verso la Terra. Un esempio può essere visto qui.

    Con tutte queste modalità di osservazione, si sono apprese molte cose a proposito delle EMC dal lontano 1973, ed ora si ritiene che molta parte dell'attività delle tempeste magnetiche sulla Terra, precedentemente attribuita ai brillamenti sia in realtà collegata con le EMC. Sembra che la loro energia provenga dal campo magnetico della corona, e il loro materiale dalle protuberanze che vengono "soffiate via" durante il processo. Non necessitano di avere origine nella regione delle macchie solari.

   Ulteriori approfondimenti: Si può fare clic qui per visitare un sito Web che esamina le EMC in maggiore dettaglio di quanto sia stato fatto qui.

Particelle di alta energia

    A causa della velocità con cui si muovono i brillamenti e le EMC, si pensa generalmente che la loro energia provenga dai campi magnetici. Tuttavia, anche nelle immagini della sonda Yohkoh non si possono vedere i piccoli dettagli, né le immagini rivelano abbastanza circa i campi magnetici locali o circa la struttura magnetica tridimensionale e, in assenza di dati migliori, una comprensione completa è tuttora carente.

    I fisici sulla Terra usano dispositivi elettromagnetici -- acceleratori ad alta energia -- per accelerare elettroni, protoni ed altre particelle cariche a grandi velocità, per poter studiare le loro collisioni con la materia e capire qualcosa della loro struttura e delle forze che li tengono insieme. Per far questo occorrono acceleratori molto sofisticati, ma sembra che la Natura li abbia già. Questo avviene quando nei brillamenti, una o due volte all'anno durante le fasi più attive del ciclo solare, vengono emessi flussi di ioni ed elettroni di grande energia, i quali invadono lo spazio interplanetario per alcune ore, anche fino all'orbita della Terra ed oltre. Allo stesso modo, anche le EMC producono queste particelle accelerate, ed è ancora controverso il ruolo relativo dei brillamenti e delle EMC. Per maggiori dettagli su questo tipo di eventi, ved. qui.

    La NASA è giustamente preoccupata per queste particelle. Esse non pongono rischi per la vita sulla Terra, che è ben schermata da una fitta atmosfera. Anche gli astronauti nelle stazioni spaziali posizionate lungo l'equatore terrestre sono schermati dal campo magnetico della Terra. Tuttavia, un essere umano al di là della magnetosfera interna della Terra -- per esempio durante un viaggio tra la Terra e Marte -- dovrebbe essere protetto in qualche modo.

    È ancora poco chiaro in che modo avvenga questa accelerazione di particelle, ma si ritiene generalmente che l'accelerazione sia connessa con piccole regioni dello spazio in cui i campi magnetici provenienti da sorgenti vicine (per esempio un gruppo di macchie solari) si annullano a vicenda, generando dei "punti neutri" con intensità del campo nulla. Tali punti -- purtroppo per gli investigatori -- sono in genere ben al di sopra della fotosfera, in regioni in cui il campo magnetico è difficile da misurare. L'accelerazione può anche avvenire nelle onde d'urto associate con le EMC.

    Alcune informazioni sulle particelle accelerate possono tuttavia dedursi dalla radiazione emessa: in particolare, gli elettroni veloci tipicamente emettono raggi X. I raggi X usati in medicina vengono prodotti quando un fascio di elettroni veloci, generati in un tubo in cui è stato fatto il vuoto, viene bloccato improvvisamente da un bersaglio metallico. Sul Sole avviene un processo simile quando gli elettroni veloci vengono bloccati dal gas circostante. Tali raggi X vengono emessi molto più rapidamente delle altre emissioni nei brillamenti -- in alcuni casi un minuto, ma in altri casi anche soltanto uno o due secondi.

    In un simile evento (immagine qui a destra), la sonda Yohkoh ha osservato effettivamente la posizione di un'emissione di raggi X, localizzata nel punto superiore di un arco magnetico, ben al di sopra del bordo visibile del Sole. Si noti che in questa immagine due punti sono particolarmente brillanti -- la parte superiore dell'arco, dove ha luogo (presumibilmente) l'accelerazione, e un altro punto al "piede" dell'arco, dove gli elettroni entrano negli strati più densi dell'atmosfera solare.

Onde radio e microonde

    Le emissioni con cui i singoli atomi e ioni contribuiscono alla maggior parte dell'energia non sono l'unico modo in cui il Sole produce la radiazione elettromagnetica. Esistono anche le onde di plasma, le oscillazioni e la turbolenza, in cui molti elettroni e ioni agiscono all'unisono, producendo onde elettromagnetiche nella banda delle onde radio e delle microonde. L'energia ceduta da ogni particella è piccola (e così pure l'energia del fotone prodotto), ma poiché le particelle sono tante e agiscono all'unisono, viene emesso un segnale ben osservabile.

    Per esempio, le onde emesse da fasci di elettroni e di ioni che si propagano dal Sole verso l'esterno vengono regolarmente rivelate. Inoltre, la radiazione a microonde che proviene dalla parte superiore dei gruppi di macchie solari è spesso un buon segnale di allarme che indica che "qualcosa bolle in pentola".

Onde elettromagnetiche che arrivano dall'universo

    Gli oggetti astronomici, nella nostra galassia ed oltre, emettono onde elettromagnetiche sull'intero spettro di frequenze, dalle onde radio ai raggi gamma. Nel suo libro del 1981 "Cosmic Discovery" (Scoperte cosmiche) Martin Harwit -- astronomo e storico -- si pone la domanda di che cosa sia che conduce a nuove scoperte in astronomia. Egli nota dapprima che quasi tutti i nostri dati circa l'universo provengono dalle radiazioni elettromagnetiche emesse dagli oggetti nel cielo.

    Successivamente egli mostra che una grossa percentuale di scoperte in astronomia sono connesse con una sorta di maggior copertura dello spettro elettromagnetico: nuove regioni spettrali (per esempio, onde radio, raggi X, ecc.) oppure una migliore risoluzione (per esempio, telescopi più grandi o di miglior qualità). Pertanto raccomanda alla NASA di concentrare i suoi sforzi dell'astronomia spaziale nell'estendere questa copertura, e la NASA effettivamente ha seguito in gran parte il suo consiglio. Ciascuno dei "grandi osservatori" della NASA -- per esempio, il Compton per lo studio dei raggi gamma, il telescopio Hubble per lo spettro visibile e vicino al visibile, la sonda Chandra per i raggi X -- sono stati indirizzati verso una certa regione spettrale e hanno cercato di estenderne la copertura. I risultati sono stati eccellenti, ma esulano dalla presente trattazione, che è piuttosto dedicata al Sole.


Per saperne di più:   The Sun from Space (Il Sole visto dallo spazio) di Kenneth R. Lang, 373 pp, $64.95, pubbl. da Springer, New York, 2000.
        Recensito in "Science" vol. 292, 27 Aprile 2001.

"Foto astronomica del giorno" del 16 Maggio 2002, con un esempio di espulsione di massa dalla corona e alcuni collegamenti su questo tema.


Domande poste dagli utenti:   E se il Sole fosse una stella molto più calda?                      ***     Conseguenze se il Sole non producesse più raggi X