Mappa del sito                                                                                                     Programma della lezione


Nota: Questa sezione è concettualmente più difficile e può essere saltata o semplicemente scorsa.

(S-5) Onde e fotoni

    Gli astronomi che studiano il Sole hanno un grande vantaggio: l'oggetto che osservano è molto, molto luminoso. È quindi possibile estrarre dalla sua luce un solo colore definito con precisione -- cioè una singola riga spettrale -- e avere ancora abbastanza luce per ottenere una immagine dettagliata.

    Da quando George Ellery Hale nel 1892 trovò un metodo per osservare il Sole in questa maniera, gli astronomi l'hanno usato per osservare il Sole nella luce dell'idrogeno, del calcio o dell'elio. Le immagini dettagliate del Sole presentate (per esempio) su Internet, quelle che mostrano nubi, bande, pennacchi e altre strutture, sono state ottenute con questo metodo. Altre immagini monocromatiche sono state ottenute in bande diverse dallo spettro visibile, per esempio, UV, EUV (Estremo UltraVioletto) e raggi X.

    Una caratteristica visibile in tali fotografie è quella delle protuberanze, grandi nubi di gas più densi e più freddi, che si innalzano al di sopra della fotosfera. Alcune di esse si stagliano contro lo sfondo scuro del cielo sul bordo visibile del Sole, e, se le si guarda per qualche momento, si può vedere della materia che ricade indietro sul Sole. Altre si possono osservare nella zona centrale del disco solare, dove esse appaiono come filamenti scuri, poiché, essendo più fredde, esse assorbono quella riga spettrale in cui è fatta l'osservazione. Le protuberanze sono risultate importanti per comprendere le espulsioni di massa dalla corona, discussa qui in una sezione successiva.

   

Onde elettromagnetiche

Torniamo ora a una vecchia domanda: che specie di onda è la luce? Ricordiamo l'idea di Faraday che aveva poi portato al concetto di "campo magnetico" -- quella zona di spazio in cui si possono osservare le forze magnetiche è in qualche modo modificata. Faraday mostrò pure che un campo magnetico variabile nel tempo -- come quello prodotto da una corrente alternata (CA) -- può generare una corrente elettrica, nel caso che (diciamo) un filo di rame sia posizionato in un certo modo all'interno del campo magnetico. Questa si chiama "induzione magnetica", il fenomeno su cui sono basati i trasformatori elettrici.

    Pertanto, i campi magnetici possono generare correnti elettriche, e sappiamo già che le correnti elettriche producono campi magnetici. È quindi possibile che nello spazio si alternino dei moti ondosi dell'uno e dell'altro tipo? Un po' come se:

campo magnetico ---> corrente elettrica ---> campo magnetico ---> corrente elettrica ---> ...

    Questo fatto costituiva un problema. Una tale onda non può esistere nello spazio vuoto, poiché lo spazio vuoto non contiene fili di rame e non può trasportare correnti elettriche necessarie per completare il ciclo sopra descritto. James Clerk Maxwell -- il brillante scienziato scozzese che propose, tra l'altro, la teoria dei tre colori della luce che percepiamo -- risolse l'enigma ipotizzando che le equazioni dell'elettricità avevano bisogno di un altro termine che rappresentasse una corrente elettrica che potesse viaggiare attraverso lo spazio vuoto, ma soltanto per oscillazioni molto rapide.

    Con questo termine aggiuntivo ("corrente di spostamento"), le equazioni dell'elettricità e del magnetismo consentivano a un'onda di esistere, propagandosi alla velocità della luce. Il disegno qui sotto illustra una tale onda -- la parte in verde è quella magnetica, quella in blu la parte elettrica, quella aggiunta da Maxwell. L'onda è disegnata come se si propagasse soltanto lungo una linea: in realtà essa riempie tutto lo spazio, ma sarebbe difficile disegnarla in tal modo.

 Onda elettromagnetica (ved. testo)

    Maxwell propose che questa onda fosse in effetti proprio la luce. Vi erano stati indizi precedenti -- la velocità della luce era comparsa inaspettatamente nelle equazioni dell'elettricità e del magnetismo -- e successivi studi lo hanno confermato. Per esempio, se un raggio di luce colpisce il bordo di un prisma di vetro, soltanto una parte vi penetra, mentre un'altra parte viene riflessa. La teoria di Maxwell ha previsto correttamente le proprietà del raggio riflesso. La successiva ovvia domanda era: se questa era un'onda elettromagnetica di lunghezza d'onda di circa 0,5 micron, che cosa ne era delle altre lunghezze d'onda?

    Heinrich Hertz in Germania calcolò che una corrente elettrica, che oscilla molto rapidamente avanti e indietro in un filo conduttore, irradia onde elettromagnetiche nello spazio circostante (oggi noi chiamiamo un tale filo una "antenna"). Con questo filo, Hertz generò (nel 1886) e rivelò tali oscillazioni nel suo laboratorio, usando una scintilla elettrica, in cui la corrente oscilla rapidamente (è così che i fulmini generano il caratteristico crepitio sui segnali radio!). Oggi chiamiamo tali onde "onde radio". Talvolta sono ancora chiamate "onde hertziane" e, per onorare la memoria del suo scopritore, la loro frequenza è misurata in Hertz (Hz), cicli per secondo, e, a frequenze radio, in Megahertz (MHz).

    La luce e le onde radio appartengono allo spettro elettromagnetico, un ampio intervallo di frequenze che contiene tutti i tipi di onde elettromagnetiche. Nel corso degli anni, scienziati e ingegneri hanno generato onde EM di altre frequenze: microonde e varie bande IR le cui onde sono più lunghe di quelle della luce visibile (tra le onde radio e quelle visibili), oltre a UV, EUV, raggi X e raggi γ (gamma) con lunghezze d'onda più corte. La natura elettromagnetica dei raggi X apparve evidente quando si scoprì che i cristalli deflettevano il loro percorso allo stesso modo di come un reticolo deflette la luce visibile: le file ordinate di atomi in un cristallo agiscono come i solchi di un reticolo.

Ulteriori approfondimenti:

    --Una biografia di Maxwell, di piacevole lettura: "The Man who Changed Everything: The Life of James Clerk Maxwell" (L'uomo che ha cambiato tutto: La vita di James Clerk Maxwell) di Basil Mahon, Wiley 2003, 254 pp., $27,95. Recensito in Nature, 425, p. 765-6, 23 Ottobre 2003.

Fotoni

    Onde e particelle sembrano concetti diametralmente opposti: un'onda riempie una regione di spazio, mentre un elettrone o uno ione hanno una locazione ben definita. Questo, almeno, era il punto di vista prima delle scoperte della prima metà del 20º secolo. Quelle scoperte hanno suggerito che, su scala atomica, la distinzione diventa confusa: le onde hanno alcune proprietà delle particelle e viceversa.

    Per valutare come la luce passi attraverso un telescopio, si calcola il suo moto come se la luce riempisse la totalità dello specchio focalizzatore. Però, quando la stessa onda cede la sua energia a un singolo atomo, risulta che essa si comporta come una particella. Indipendentemente dal fatto che un raggio di luce sia brillante o debole, la sua energia viene sempre trasmessa in quantità delle dimensioni di un atomo, i "fotoni", la cui energia dipende soltanto dalla lunghezza d'onda.

    Le osservazioni hanno mostrato che tale dualità esiste anche in direzione opposta. Un elettrone dovrebbe avere in linea di principio, in ogni istante, una posizione e una velocità ben definite, tuttavia gli esperimenti per misurarle danno risultati confusi. La fisica quantistica ci dice che una precisione arbitraria in tali osservazioni non può essere ottenuta, ma che il moto può essere descritto come un'onda.

    Può essere questa una buona occasione per introdurre nuove quantità e notazioni. Un'onda elettromagnetica di lunghezza d'onda λ (la lettera greca lambda) percorre una distanza di c metri ogni secondo, dove c è la velocità della luce nel vuoto, pari a circa 300 000 000 metri/secondo. La sua frequenza ν (la lettera greca ni), cioè il numero di oscillazioni in su e giù ogni secondo, è anche il numero di creste dell'onda in tale distanza, e si può quindi ottenere dividendo c per la lunghezza d'onda:

ν = c/ λ

Una legge fondamentale della fisica quantistica dice che l'energia E in joule di un fotone di frequenza ν è

E = hν

dove h = 6,624 10-34joule-sec è la "costante di Planck", una costante universale che è fondamentale in tutta la teoria quantistica. Essa fu introdotta nel 1900 da Max Planck, quando cercò di spiegare la distribuzione di "corpo nero" delle lunghezze d'onda della luce emessa da un oggetto solido caldo. Incidentalmente, fu la formula riportata qui sopra, pubblicata da Albert Einstein nel 1905, che gli meritò il premio Nobel, non (come molti ancora pensano) la sua teoria della relatività.

Ulteriori approfondimenti: Una pagina Web sulle onde elettromagnetiche, che è parte di un più ampio e dettagliato sito su "The Amazing World of Electrons and Photons" (Lo stupefacente mondo degli elettroni e dei fotoni). Si può fare clic qui per una mappa di tale sito.

Lunghezza d'onda ed energia

    La fisica quantistica è un argomento molto vasto, troppo ampio e con troppa matematica per essere trattato in questa sede. Viene soltanto accennato qui, a causa della sua legge secondo cui la quantità di energia che un atomo può ricevere da un'onda elettromagnetica (il fotone) dipende soltanto dalla lunghezza d'onda.

    Il processo funziona anche nell'altro verso: quando un atomo "eccitato" cede la sua energia in eccesso a un'onda elettromagnetica (energia che potrebbe aver ricevuto, diciamo, da una collisione con qualche atomo veloce in un gas ad alta temperatura), la cessione può avvenire soltanto in quantità discrete del valore di un fotone. Il fatto che le emissioni atomiche appaiano in "righe spettrali" strettamente definite suggerisce che gli atomi "eccitati" non possono contenere l'energia in eccesso in quantità arbitrarie, ma devono trovarsi in uno dei loro "livelli energetici" che sono in risonanza con la loro struttura, ciascuno associato a una ben precisa quantità di energia.

    Ogni atomo ha uno "stato fondamentale", il suo livello di energia più bassa e quello in cui l'atomo preferisce stare. Quando esso decade da uno stato eccitato al suo stato fondamentale, le energie di partenza e di arrivo dell'atomo corrispondono a livelli energetici ben specificati. L'energia emessa, uguale alla differenza tra i due livelli, è quindi definita strettamente, generando un fotone di una precisa lunghezza d'onda. Il grande successo della meccanica quantistica è stato quello di poter calcolare e prevedere i livelli energetici dei vari atomi e delle combinazioni di atomi.

    La formula  E = h ν = hc/λ  significa che più è corta la lunghezza d'onda, più energetico è il fotone. Un fotone di luce UV contiene più energia di uno di luce visibile, e i fotoni dei raggi X e dei raggi γ (gamma) sono ancora più energetici. Ci si aspetta quindi che le regioni più calde del Sole, dove le singole particelle hanno più energia, emetteranno una radiazione elettromagnetica di lunghezza d'onda più corta, ed è appunto quello che si osserva.

    La temperatura di un gas è proporzionale all'energia media di ciascuna delle sue particelle (la formula, a proposito, è  E = 3/2 kT, dove T è la temperatura assoluta in gradi Kelvin -- come i gradi Celsius, ma con un diverso punto di zero -- e k è un numero fisso, la "costante di Boltzmann"). Così, mentre la fotosfera emette principalmente luce visibile, la corona, che è più calda, viene osservata meglio nell' EUV (estremo UV) o nella banda dei raggi X. I brillamenti sono costituiti da ioni ed elettroni di energia ancora maggiore, e, per localizzare le regioni dove queste particelle vengono generate e assorbite, occorrono i raggi X e i raggi γ di lunghezza d'onda ancora più corta. Tutte queste bande sono state impiegate da strumenti a bordo di sonde spaziali. Infatti non è possibile effettuare tali osservazioni da terra poiché tutti i fotoni di corta lunghezza d'onda vengono facilmente assorbiti dall'atmosfera e non raggiungono il livello del suolo.


Ulteriori approfondimenti:     Un esperimento sull'effetto fotoelettrico

    La relazione di Einstein suggerisce che i fotoni rossi hanno meno energia di quelli verdi, i quali a loro volta ne hanno meno di quelli blu o UV. Spesso un fotone di energia più alta può innescare un processo chimico che un fotone di energia minore non riuscirebbe a innescare. Le pellicole ortocromatiche (quelle usate originariamente per fotografie in bianco e nero) non sono sensibili alla luce rosso scuro, per cui le camere oscure che devono trattare pellicole o carta con emulsione ortocromatica possono usare una "luce di sicurezza" di colore rosso scuro che aiuta i fotografi nel loro lavoro ma non impressiona la pellicola.

    Un esperimento che dimostra questa sensibilità ai colori è stato descritto da Michael Horton su PHYSHARE, un sito Web dedicato agli insegnanti di fisica. Con le sue parole:

    Ho trovato un eccellente esperimento da mostrare ... Abbiamo preso un foglio di carta fosforescente verde che è luminescente nel buio e abbiamo spento tutte le luci. Abbiamo usato una piccola torcia elettrica per disegnare delle forme sul foglio e queste sono apparse luminescenti. Abbiamo poi usato una luce blu (è facile trovare tali oggetti nei negozi di autoricambi come portachiavi) e di nuovo il tracciato è apparso luminescente. Infine abbiamo preso un puntatore laser rosso e abbiamo riprovato e ... niente. Per quanto a lungo tenessimo accesa la luce del laser o per quanto intenso fosse il suo raggio, non vi è stata alcuna luminescenza poiché la luce non era abbastanza energetica. È stato un divertente esperimento che ha insegnato una buona lezione.
M. Horton
Chem/Phys/Comp. Repair teacher/Dept. Chair
Perris High School; Perris, CA
Domande poste dagli utenti:   La risposta delle celle solari ai diversi colori
                                      (Un inatteso risultato di un progetto scientifico)
                         Inoltre:  Che cos'è esattamente la "radiazione"?
                      ***     Sovrapposizione di onde
                ***     Come fanno le onde radio a trasportare i suoni?