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L'effetto Doppler

S-4A-1     La velocità della luce


    Indice


Il Sole

S-1. La luce del Sole e la Terra

S-1A. Il tempo meteorologico

S-1B. Il clima globale

S-2.Come noi vediamo il Sole

S-3.Il magnetismo solare

S-3A. Le linee del campo
        magnetico interplanetario

S-4. I colori della luce solare


Facoltativo: L'effetto Doppler

S-4A-1 La velocità
              della luce


S-4A-2. Lo spostamento
              verso il rosso

S-4A-3 Galassie in rotazione
              e materia oscura
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  S-5.Onde e fotoni

Facoltativo: Fenomeni quantistici

Q1.La fisica quantistica

Q2. Gli atomi

Q3. I livelli energetici

Q4. La radiazione dagli
        oggetti caldi
Una proprietà molto evidente delle onde è lo spostamento di frequenza quando la sorgente si avvicina o si allontana. Se una locomotiva fischia mentre ci passa vicino, non si può non notare che il fischio diventa meno acuto quando la locomotiva si allontana.

   In realtà, il tono del fischio era già più acuto rispetto al normale mentre il treno si avvicinava, e poi il suo tono si abbassa mentre si allontana. Questo spostamento in frequenza, anche riscontrato per le onde elettromagnetiche come la luce o le onde radio, è chiamato effetto Doppler dal nome del suo scopritore, l'austriaco Christian Doppler, nato nel 1803.

  Precedentemente, un fenomeno un po' simile era stato scoperto dal danese Ole Roemer nel 1676. La storia merita di essere raccontata perché ha condotto alla prima determinazione della velocità della luce.

   Erano quelli i tempi in cui i velieri delle nazioni marittime – specialmente Francia, Spagna, Gran Bretagna, Spagna e Olanda – si battevano per il dominio dei mari e per stabilire (e proteggere) le rotte commerciali e le basi remote. In questa lotta era cruciale una tecnologia: i comandanti delle navi dovevano in qualche modo conoscere in ogni momento la loro posizione in mezzo all'oceano, cioè conoscere la loro latitudine e longitudine.

   Conoscere la Latitudine era relativamente facile: l'altezza sull'orizzonte del polo celeste (dedotta, per esempio, dalla posizione della stella polare) dava direttamente il suo valore. Oppure l'altezza del Sole nel momento in cui era più distante dall'orizzonte ("mezzogiorno solare"), cioè il massimo angolo tra il Sole e l'orizzonte, dava la latitudine (dopo una correzione per il giorno dell'anno). Il bastone di Giacobbe, o in seguito uno strumento più accurato, il sestante marino (o l'ottante), permetteva di "traguardare il Sole", cioè trovare la sua altezza sull'orizzonte e poi, combinando varie osservazioni a distanza di tempo, si poteva derivare la sua massima altezza.

   Per la Longitudine il problema era più difficile. Occorreva conoscere l'ora di Greenwich (longitudine zero) nel momento in cui il bastone di Giacobbe o il sestante indicavano che il Sole passava per il mezzogiorno locale. Per esempio, se il Sole passava per il mezzogiorno locale quando a Greewich era l'una del pomeriggio, significava che la nave si trovava a 15° ad ovest di Greenwich, poiché

360°/24 ore = 15°

   Per ottenere questa informazione, il capitano aveva bisogno di un orologio che segnasse accuratamente il tempo per molti mesi: poteva essere regolato a Greenwich (o regolato all'ora di Greenwich in una località di longitudine nota), e usato in seguito per dare "l'ora di Greenwich" nel momento del mezzogiorno locale. Tali orologi ("cronometri") furono in effetti realizzati nel XVIII secolo, ma gli orologi del XVII secolo non erano abbastanza precisi, specialmente su una nave in preda a rollio e beccheggio, e gli errori si accumulavano rapidamente al passare dei giorni.

   Si poteva usare anche un orologio poco preciso, se in qualche modo si fosse potuto correggerlo costantemente, regolandolo sull'ora di Greenwich a intervalli frequenti. In tempi successivi questo avveniva usando un segnale orario ottenuto per radio, ma nel '600 era il cronometraggio esatto dei fenomeni celesti che dava le migliori promesse. Un tipo di tali fenomeni erano le eclissi dei quattro satelliti maggiori di Giove, scoperti da Galileo e che potevano essere facilmente osservati anche con un piccolo telescopio.

   In particolare Io, la luna più interna di Giove, sembrava molto adatta: essendo la più vicina a Giove, la terza legge di Keplero assicurava che avesse il moto più rapido, rendendo il suo ingresso e la sua uscita da un'eclisse fenomeni particolarmente frequenti. Con un periodo orbitale di 1,77 giorni, Io offriva il maggior numero di eclissi, e ogni orbita attorno a Giove intersecava la sua ombra (all'epoca delle esplorazioni spaziali si è scoperto che Io ha delle peculiari caratteristiche, come i vulcani sulfurei).

   Gian Domenico Cassini, un astronomo italiano che dirigeva l'Osservatorio di Parigi, diede a Roemer l'incarico di redigere una tavola delle eclissi previste per il satellite Io, permettendo così ai naviganti di rimettere i loro orologi (con la precisione di circa un minuto, considerata abbastanza accurata). Roemer lo fece, ma subito si accorse che il periodo non era costante. Quando la Terra (che si muove più rapidamente di Giove) si avvicinava verso Giove, il periodo osservato era più breve, e quando si allontanava, era più lungo.

   Roemer intuì la ragione: la luce non si propaga istantaneamente, ma (come il suono) si propaga con una certa velocità. Se la Terra e Giove si mantenessero a una distanza costante, le eclissi avverrebbero a intervalli regolari, uguali al periodo orbitale di Io. Ma quando la Terra si avvicina, il viaggio di ritorno della luce è più breve, rispetto al caso in cui la distanza tra la Terra e Giove fosse costante. Quando la Terra si allontana, il viaggio di ritorno è invece più lungo, e quindi il tempo tra due eclissi è anch'esso più lungo.

   Questo diede a Roemer una prova convincente che la luce si propaga nello spazio con una certa velocità - in seguito indicata con la lettera c (in carattere minuscolo, non maiuscolo). Tuttavia Roemer e i suoi contemporanei avevano soltanto una vaga idea di quanto fosse il valore di c, poiché le dimensioni del sistema solare erano mal conosciute. Più o meno in quello stesso periodo, l'astronomo francese Jean Richer usò un telescopio per stimare la distanza di Marte, e gradualmente il valore di c veniva conosciuto con crescente accuratezza. Oggi tale valore è noto con la precisione di 9 cifre significative, e quindi viene usato per definire il metro, l'unità di lunghezza, sostituendo le lunghezze d'onda ottiche o i riferimenti su una barra di metallo conservata in cassaforte (derivati a partire dalle dimensioni del globo terrestre).

   E il problema della longitudine?

   Risultò che osservare le eclissi di Io da una nave in costante movimento, anche con il mare calmo, era un'impresa piuttosto difficile. Anche un piccolo telescopio amplifica enormemente tutti i movimenti, e i primi telescopi inoltre mostravano solo una piccola porzione del cielo. Oltre a questo, il metodo richiedeva che il cielo fosse sgombro da nubi. In ogni caso, il metodo risultò molto utile per determinare la longitudine di porti, capi, isole e altri riferimenti sulla terraferma.

   La determinazione pratica della longitudine da una nave in movimento ha dovuto attendere orologi sofisticati, che usano bilancieri compensati per la variazione di temperatura. Uno dei primi modelli di tali "cronometri" accompagnò il Capitano James Cook nei suoi viaggi attorno al mondo.

Il prossimo argomento:
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    oppure direttamente:
              (S-5) Onde e fotoni

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Autore e Curatore:   Dr. David P. Stern
     Ci si può rivolgere al Dr. Stern per posta elettronica (in inglese, per favore!):
     stargaze("chiocciola")phy6.org

Traduzione in lingua italiana di Giuliano Pinto

Aggiornato al 22 Agosto 2009